Gastone Novelli
(Vienna 1925 – Milano 1968)

Corpus humani anatomiae, 1963
tecnica mista su tela

Collezione privata, courtesy Archivio Gastone Novelli, Roma

Nel 1963 Gastone Novelli realizza questo dipinto, insieme a un altro più piccolo intitolato Supplementum anatomicum, influenzato dalla lettura di due volumi pubblicati tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento dell’anatomista Philippe Verheyen, intitolati proprio Corporis humani anatomiae. Liber primus e Supplementum anatomicum sive anatomiae corporis humani. Liber secundus. In entrambe le opere l’artista riproduce sulla tela le dissezioni di diversi organi del corpo umano tratti dalle tavole che illustrano i due volumi. In Corpus humani anatomiae li raccoglie in ordine sparso lungo il perimetro della tela, in alcuni punti accompagnati dai nomi in latino e da serie di numeri tipici della catalogazione scientifica. Li assembla tutt’intorno a una porzione di tela dipinta della stessa tonalità ma lasciata completamente vuota. Da un lato le immagini e le parole, dall’altro la profondità della pittura, restituiscono sulla tela i due elementi, distinti ma inseparabili, di cui è composto ogni essere umano: quello materiale del corpo e quello irrappresentabile, inintelligibile e misterioso, dell’anima.

Contenuti speciali

Frammenti di un paesaggio anatomico
di Marco Rinaldi

 

Il filo conduttore dell’avventura artistica, intellettuale e morale di Gastone Novelli, è stato indubbiamente lo stretto legame con la contemporaneità. Continuamente inseguita in tutte le sue espressioni, l’artista ha costantemente messo in atto strategie di esplorazione e comprensione dell’universo comunicativo che lo circondava; e questo anche attraverso le tante e differenti fasi che la sua poetica ha conosciuto.

I suoi esordi brasiliani si alimentano di un’idea di progresso sociale che la cultura e l’arte possono rendere possibili; il suo linguaggio pittorico evolve rapidamente e si nutre avidamente delle esperienze della tradizione modernista (espressionismo, cubismo, concretismo, il lirismo di Paul Klee), le suggestioni si accumulano per strati sempre più complessi (Gestalt, primitivismo e istintivi approcci antropologici). Una precoce posizione engagée, assunta a diciotto anni come partigiano e portata a termine con la contestazione del ’68, ne rappresenta la costante. Le variabili sono gli incontri, gli umori, i viaggi: così, dopo il Brasile, Roma, Parigi, la Grecia, New York, Venezia, Milano; e ogni luogo rappresenta una svolta.

Quando a Roma, tra la fine del 1959 e l’inizio del 1960, scopre il cortocircuito della parola e dell’immagine sulla tela, la strada della sua solitaria poetica è ormai delineata. Troverà più affinità e comprensione tra i poeti e gli scrittori che tra i pittori: Alfredo Giuliani, Nanni Balestrini, Elio Pagliarani, Giorgio Manganelli, Germano Lombardi, ma anche Edouard Jaguer, Pierre Klossowski, Georges Bataille e due futuri premi Nobel come Samuel Beckett e Claude Simon. Sarà nel clima del tardo Surrealismo e del Nouveau Roman che Novelli scorgerà i primi indizi di una disgregazione del linguaggio, che a questa data è anche quello che si manifesta nella emergente società massmediatica.

Inizia un lavoro di raccolta e catalogazione di frammenti di linguaggio tratti dai più svariati universi: la poesia e la letteratura contemporanee, il jazz, il buddismo, il mito, la psicologia del profondo, la cosmografia antica, la Kabbalah, la storia e la religione islamica, la letteratura medica. Novelli approda così a quel “linguaggio magico” cui lo conduce la lettura di Claude Lévi-Strauss, un linguaggio che si fonda sulla pratica del bricolage: la scelta di “residui e frammenti” si traduce in riorganizzazione del mondo secondo regole che di volta in volta vengono create e adattate, laddove la distanza culturale (nello spazio e nel tempo) rende questi brani sparsi, spesso sbagliati e cancellati, evocativi e misteriosi, suscettibili di sempre nuove interpretazioni.

Il corpo, quello femminile, si manifesta già dalla fine degli anni Cinquanta sotto forma di seni che si protendono dalla tela attraverso un accumulo di pigmenti, memori della celebre copertina con il seno di gommapiuma aggettante disegnata da Marcel Duchamp per il catalogo della mostra Le Surréalisme en 1947. Inseguendo una linea dell’erotismo moderno che per il Surrealismo è stato un immenso territorio da esplorare, Novelli giunge poi a raffigurare scorci di corpi che trascolorano in paesaggi, ricordando quella ricognizione quasi cartografica che Leopold Bloom effettua sul corpo di Molly nell’Ulisse di James Joyce.

In un quadro del 1962, dall’emblematico titolo Abbigliamento del corpo, seni, torsi e interi corpi di donna sovrastano un grande spazio centrale percorso da linee: in realtà, scrutandolo attentamente, emergono un po’ alla volta i dettagli di un capezzolo e di un organo femminile dove puntano delle frecce. E man mano che l’occhio cerca di dare un senso alle linee che si sviluppano intorno e ricostruire un’immagine come in un gioco enigmistico, ecco affiorare quel corpo amato “il 2 di dicembre del 1962 alle 2 e 27 di notte a Roma”, come recita un’iscrizione che lo attraversa in tutta la sua lunghezza: e la frase “QUASI SEMBRASSE LA SVOLTA DI UNA VITA” pare assegnare a quel corpo che si distende come un territorio impervio un valore sentimentale.

Il corpo si manifesta anche nella sua forma interna, come frammento anatomico. L’anatomia per antonomasia è disciplina tassonomica e il corpo umano dissezionato in tavole corredate da descrizioni si traduce in frammento linguistico. I trattati di anatomia seicenteschi si avvalgono di un metodo sperimentale che indaga la funzione degli organi, mettendo in relazione la morfologia con la fisiologia. La loro struttura catalogativa ben si presta per Novelli a un processo di scomposizione e reinvenzione poetica: così nascono nel 1963 due lavori come Corpus humani anatomiae e Supplementum anatomicum. I titoli sono tratti, rispettivamente, dal Corporis humani anatomia, in qua omnia tam veterum, quam recentiorum anatomicorum inventa Methodo novâ & intellectu facillimâ describuntur, ac Tabulis æneis repræsentantur, pubblicato a Lovanio nel 1693, e dal Supplementum anatomicum sive Anatomiae corporis humani liber secundus, edito a Bruxelles nel 1710, due celebri trattati del chirurgo olandese Philip Verheyen che avranno numerose riedizioni successive riviste e ampliate.

Il primo dipinto, che erroneamente altera il titolo del libro, presenta un catalogo di brani anatomici, non sempre riconoscibili, collocati intorno a un grande vuoto bianco: sezioni di muscoli, di un midollo, di una colonna vertebrale, vasi sanguigni e membrane. Alcuni di questi frammenti sono identificabili con quelli riprodotti nelle tavole del libro, come per esempio il midollo spinale e l’arteria vertebrale ripresi dalla tavola XXVI di un’edizione napoletana del 1734, edizione molto più ampia della prima per numero di sezioni e di illustrazioni e che conviene prendere come riferimento. In alto, a sinistra, si possono individuare personali traduzioni pittoriche di due tronchi umani che mostrano sezioni di muscoli, della gabbia toracica, della pleura e di vasi sanguigni, come nelle tavole III e IV. Poco più a destra si riconosce una sezione dell’intestino tratto dalla tavola VII. Un’iscrizione, “FIGURARUM EXPLICATIO” (dove sotto è raffigurato un cuore), è il titolo della legenda che precede ogni tavola. Nella parte destra sono rappresentate porzioni dell’apparato genitale femminile, tra cui il collo di un utero. Questa zona del dipinto costituisce un’esplicita citazione della tavola XV del libro di Verheyen, intitolata Prostans Partes genitales Mulieris, che Novelli trascrive con un’errata declinazione latina (“PARTES GENITALES MULIEBRES” [sic!]); in un altro caso costruisce un’ironica didascalia utilizzando un’espressione ossimorica come “UTERUS VIRGINIS MATRONAE”, forse parodiando la legenda della tavola XVII, che illustra parti dell’organo femminile “in Virgine matura”. Infine, al di sopra di queste iscrizioni, sono visibili due mammelle e parte del torace tratti dalla tavola XVIII.

Supplementum anatomicum completa in un certo senso il primo dipinto, così come il secondo volume di Verheyen, pubblicato come esigenza di approfondire e precisare ulteriormente alcune nozioni del precedente. Sulla metà destra del quadro appare la trascrizione schematica delle posizioni che può assumere il diaframma, ripreso dalla tavola I del libro in una riedizione napoletana dello stesso anno dell’altro. In effetti questo è l’unico dettaglio tratto dal secondo libro, poiché gli altri elementi sono nuovamente rielaborazioni di alcune tavole del Corporis humani anatomia. È il caso ad esempio delle due mammelle ricorrenti anche nell’altro dipinto, riprese dalla tavola XVIII, su una delle quali, quella sezionata, sono riportate le didascalie esplicative “MAMMA INTEGRA”, “AREOLA”, “NEXUS”. Al centro campeggia un torace femminile di cui si vedono le vertebre, un polmone e l’apparato genitale. Infine, in alto a sinistra, vasi sanguigni, un torso appena abbozzato e altri elementi non sempre riconoscibili, sotto i quali compare nuovamente l’iscrizione “FIGURARUM EXPLICATIO”, scritta con quella particolare modalità di sovrapporre più lettere, tipica di Novelli, che spesso rende le parole di difficile lettura o del tutto incomprensibili.

Il corpo umano, già analizzato e frammentato dalla scienza anatomica, viene ulteriormente scomposto e ridotto da Novelli a residuo, rendendolo ambiguo, enigmatico, misterioso, allo stesso modo con cui rende ambigue, enigmatiche e misteriose le parole che sparge sulla tela.

A noi l’arduo compito di ricomporre i frammenti in una nuova narrazione.